Archeologia nella Tuscia: l’Antiquarium di Piansano

20 Dicembre 2020

L’archeologia nella Tuscia viterbese comprende anche piccoli ma interessanti tesori come l’Antiquarium comunale di Piansano (VT). In questo luogo si conservano testimonianze degli Etruschi che popolavano il territorio che circonda il paese, a pochi chilometri dal Lago di Bolsena.

Allestito al pianterreno del palazzo comunale, in Piazza Indipendenza 17, è stato recentemente riorganizzato e arricchito in collaborazione con il Gruppo Archeologico Piansano e con il coordinamento tecnico-scientifico della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale.

Vi è conservata una collezione di una settantina di reperti, tutti provenienti dall’area circostante Piansano. Essi sono pertinenti a un arco cronologico che va dal III al I secolo a.C., tra cui spicca un sarcofago fittile etrusco. Per un periodo vi è stato esposto uno specchio etrusco con figure di Dioscuri, anch’esso di provenienza piansanese.

Per ulteriori informazioni: Comune di Piansano tel. 0761.450832 – www.comune.piansano.vt.it.

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Archeologia nella Tuscia: il territorio di Piansano in epoca etrusca

A lungo trascurato dalla ricerca di archeologia nella Tuscia, il comprensorio di Piansano ricade, agli inizi della fase etrusca, in un’area posta al confine tra i territori di influenza di importanti centri quali Vulci a ovest, Bisenzio a nord e Tuscania a sud-est. Dopo la fine del predominio di Bisenzio sul bacino del Lago di Bolsena, sostituito alla fine del VI secolo a.C. dall’egemonia di Velzna/Orvieto, che dovrà presto cedere a Tarquinia il controllo della sponda meridionale, il comprensorio piansanese sembra gravitare, politicamente e culturalmente, verso i centri dell’entroterra tarquiniese, subendo un deciso influsso dalla vicina e dinamica Tuscania.

La particolare tipologia della tomba con iscrizione rinvenuta presso l’abitato moderno di Piansano, a camera bipartita da un tramezzo e databile su base epigrafica tra il IV e il III secolo a.C., rimanda tuttavia ad ambiente volsiniese, come l’onomastica dei personaggi citati, rivelando un quadro di rapporti più complesso.

Sulla base dei dati in possesso, ancora lacunosi per le fasi più antiche, il popolamento sembra organizzato, a partire dalla fine del IV secolo a.C., in poche aree insediative minori. Gli indizi derivano dalla presenza delle necropoli, più o meno estese, di Poggio del Cerro e di Piansano. Questi piccoli abitati si sviluppano sia lungo i principali tracciati viari del territorio, sia secondo un’occupazione di tipo sparso, costituita da un fitto tessuto di presenze agricole, collegate da un’articolata viabilità minore, come testimoniano piccoli nuclei sepolcrali come quelli di Casale Giraldo e del Macchione.

Ubicati in prossimità di incroci stradali, gli abitati sorgevano a controllo dei percorsi e dei traffici. La documentazione archeologica ha rivelato che le tombe rinvenute nel 1980 sul pianoro dell’abitato moderno di Piansano sono riferibili a una comunità che viveva sul vicino rilievo di Poggio Metino.

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L’epoca romana a Piansano

Al contrario, non sono ancora state individuate né tracce della collettività che seppelliva i propri morti nella zona di Poggio del Cerro tra IV  e III secolo a.C. Né la residenza degli aristocratici di campagna inumati nei sarcofagi di nenfro dell’ipogeo di Casale Giraldi e negli elaborati esemplari fittili restituiti dalle tombe del Macchione. Questi ultimi risalgono a quando il territorio era ormai pienamente romanizzato.

Il nuovo modello di occupazione territoriale che si diffonde con la conquista romana restituisce un panorama molto diverso. Si contraddistingue da una rarefazione di centri abitati importanti a cui fa da contraltare la capillare diffusione di ville rustiche, talora anche di grande prestigio, e di piccole fattorie connesse allo sfruttamento agricolo della regione. Si assiste inoltre allo sviluppo di un articolato sistema produttivo che annovera diverse attività. Tra esse, quelle connesse alle lavorazioni agricole, svolte in spazi dedicati e distinti, come quello nell’area B di Poggio del Cerro, la cui funzione originaria resta tuttavia ancora da comprendere.

Con il trascorrere del tempo e l’accrescersi del potere di Roma, vengono condotti in Italia migliaia di schiavi da sfruttare nei più svariati lavori. Le ville rustiche diventano sempre più grandi e ricche. La produzione agricola si configura come un’attività il cui scopo non era più esclusivamente quello di soddisfare le necessità della famiglia proprietaria, ma anche quello di commerciare i prodotti in eccesso e immetterli su mercati lontani. Tuttavia dal III secolo a.C. questo sistema complesso entra in crisi, con il tramonto dell’impero romano, la destrutturazione del sistema politico ed economico diviene inarrestabile, avviandosi verso l’età medioevale.

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Archeologia nella Tuscia: il sarcofago fittile di Piansano

Nell’Antiquarium comunale di Piansano è conservato un sarcofago fittile (cioè di terracotta) con figura maschile recumbente. Il coperchio del sarcofago fa parte del materiale di archeologia nella Tuscia recuperato nell’ambito del sequestro effettuato nel 1961. Acquisito al patrimonio dello Stato, dalla Provincia di Viterbo è tornato in anni recenti al Comune di Piansano, suo territorio di provenienza.

Il coperchio è prodotto in due parti tra loro ricomponibili e raffigura il defunto in posizione semisdraiata su una klìne (letto), appoggiato a un cuscino, nel tipico gesto di chi si appresta a celebrare un banchetto. I tratti fisiognomici della figura appaiono quelli di un uomo in giovane età: mento pronunciato, labbra carnose, gote piene, naso regolare e folti capelli neri e ondulati.

Il defunto indossa un lungo chitone e uno spesso mantello e non presenta particolari attributi, ad eccezione di due anelli con castone portati all’anulare e al mignolo della mano sinistra. Su di essi si conservano tracce di colore giallo per rappresentare la preziosità del metallo. Tracce di policromia sono ben visibili anche nelle iridi degli occhi (nero) e su volto, collo, braccia e mani (ocra).

Nel complesso, la figura e i dettagli sono resi da pochi tratti sommari e tipizzati, elementi che consentono di attribuire il sarcofago a botteghe di Tuscania operanti in età tardo-etrusca (II-I secolo a.C.). La cassa di sarcofago collocata al di sotto si compone anch’essa da due parti combacianti. Festoni stilizzati con foglie a rilievo e serpenti ai lati decorano la fronte. L’appartenenza della cassa e del coperchio allo stesso sarcofago è ipotizzabile in considerazione della provenienza dal medesimo contesto funerario (area del Macchione, tomba 1) e delle dimensioni che sembrano accordarsi tra loro.

(testi di archeologia nella Tuscia tratti dai pannelli illustrativi dell’Antiquarium comunale di Piansano)