Sant'Eusebio Ronciglione

La Chiesa di Sant’Eusebio a Ronciglione tra i Luoghi del Cuore del FAI

28 Ottobre 2018

La meravigliosa Chiesa di Sant’Eusebio di Ronciglione è in corsa per i Luoghi del Cuore del FAI che si possono votare online fino al 30 novembre 2018 per il censimento e il successivo recupero dei luoghi italiani da non dimenticare, un progetto che il FAI promuove dal 2003 in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

Sant’Eusebio è una chiesetta in stile romanico immersa nei noccioleti, di cui pochi conoscono l’esistenza. Eppure si tratta di un importante testimonianza dell’epoca paleocristiana, la più antica lungo la cosiddetta Variante Cimina della Via Francigena, il primitivo tracciato della rotta dei pellegrinaggi verso Roma che transitava proprio attraverso i Monti Cimini e in seguito fu modificato a causa delle ripetute imboscate ai pellegrini da parte dei banditi che si nascondevano negli intricati boschi.

La Chiesa di Sant’Eusebio risale al IV secolo e fu costruita sui resti di un mausoleo di epoca romana che conteneva sei sarcofagi e appartenuto a tale Flavio Eusebio, funzionario romano che aveva una grande fattoria nei dintorni e che decise di farsi seppellire in quel luogo insieme ai componenti della sua famiglia. L’originario mausoleo è ancora visibile dietro l’altare e conserva ancora una parte del tetto triangolare con tegole romane (alcune tegole sono state rubate).

La piccola chiesa a un certo punto legò il suo nome a un altro Eusebio, il primo vescovo di Sutri di cui si hanno notizie certe, uomo in odor di santità vissuto nel V secolo e che molto probabilmente fu sepolto proprio nella chiesa (la tomba non è stata individuata perché la cripta non è ancora stata scavata). Dopo la sua morte, il vescovo divenne il santo protettore delle vocazioni sacerdotali: da quel momento il suo culto attira folle di pellegrini e la piccola chiesetta entra a far parte delle tappe obbligate per chi percorre la Via Francigena verso Roma. I pellegrini sono in maggioranza proprio sacerdoti che lasciarono la testimonianza del loro passaggio con dei graffiti devozionali sulle pareti: ne sono stati contati ben 53, si tratta d’invocazioni e preghiere per Sant’Eusebio in onciale (antico tipo di scrittura).

Il pellegrinaggio sempre più numeroso determina la necessità di ingrandire la chiesa, alla navata centrale delle stesse dimensioni del mausoleo, si affianca nel ‘300 la navata di destra e in seguito quella di sinistra. Essendo state costruite in periodo diversi, le due navate laterali non hanno le stesse dimensioni, ma entrambe sono divise in cubicoli per permettere ai pellegrini di dormire all’interno della struttura. Le colonne romaniche presentano dei capitelli zoomorfi, nella zona dell’ingresso sono raffigurati dei serpenti, in quella più vicina all’altare dei pavoni, simbolo d’immortalità. Le basi delle colonne poggiano sui resti di una struttura preesistente, forse un tempio pagano, ancora più antico del mausoleo romano, dedicato al dio Sole. La soglia d’ingresso è formata da un pezzo di sarcofago lavorato.

La piccola chiesa è uno scrigno di tesori e purtroppo si trova in stato di abbandono: al suo interno sono custoditi affreschi unici al mondo, sulla parete sinistra dell’abside c’è l’affresco di chiaro influsso bizantino raffigurante l’Ultima Cena che risale al XII secolo. Si tratta di uno dei più rari affreschi dell’ultima cena perché vi è ritratto Giuda, più piccolo, senza aureola e distante dal tavolo in qualità di traditore, al posto del pane e del vino sono raffigurati dei pesci. I volti sono stati abrasi.

L’affresco a sinistra dell’ingresso raffigura invece L’albero di Jesse, un’allegoria della progenie di David. Si tratta dell’affresco su questo tema più antico d’Europa: infatti non è la prima volta che tentano di rubarlo, alcuni vandali hanno perfino tentato di scardinare il portone usando un piede di porco che ha prodotto notevoli danni alle mura.

(grazie a Stefania Ioime e al gruppo ImmaginiAmo Viterbo)

 

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