
Il Cretto di Burri in un dolce dello chef Pino Cuttaia
18 Maggio 2025Il Cretto di Burri, l’opera d’arte di Alberto Burri a Gibellina (TP) nel luogo in cui sorgeva la cittadina distrutta dal terremoto del Belice nel 1968, riceve l’omaggio culinario di Pino Cuttaia, chef due stelle Michelin del ristorante La Madia di Licata (AG).
Un dolce ispirato a una delle opere artistiche più potenti del Novecento, nella cornice di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025. Un dessert simbolico, un gesto gastronomico che celebra la forza della rinascita e il valore della memoria.
Interprete profondo dell’identità siciliana, Cuttaia ha sempre raccontato la sua terra attraverso la cucina, intessendo sapori, paesaggi e storie. Per lo chef, il paesaggio non è solo sfondo, ma ispirazione costante, un patrimonio da raccontare a tavola. «Chi cucina può attingere da un paesaggio caro e ricrearlo in un piatto. È anche questo un gesto culturale», afferma.
Il dolce trae ispirazione dal Cretto di Burri, la monumentale opera ambientale realizzata tra il 1984 e il 1989 (e completata nel 2015) dall’artista Alberto Burri sui resti di Gibellina Vecchia. Una valle che si estende tra le province di Agrigento, Trapani e Palermo, e che fu profondamente segnata dal sisma.
Cretto di Burri: da opera d’arte a piatto gourmet
Burri, su incarico del sindaco Ludovico Corrao, trasformò quel luogo in un’opera imponente e poetica. Compattò le macerie del vecchio paese e le ricoprì con una colata di cemento bianco. Un lenzuolo di oltre 80.000 metri quadrati che ricalca le strade del vecchio abitato. Un segno nella terra che trasforma la rovina in arte e diventa memoria viva.
Ed è da questa rinascita che Cuttaia ha trovato ispirazione per un dolce carico di significato e che porta lo stesso nome del luogo ferito. Una crema alla mandorla su pan di Spagna con liquore alla mandorla, sormontata da una riproduzione autentica in scala del Cretto, realizzata con pasta di mandorle bianca.
«Il Cretto è un segno nella terra, una cicatrice che racconta cosa è stato. Ho voluto trasformare quella tragedia in un gesto dolce, in una carezza per non dimenticare» spiega lo chef.
Ma l’omaggio al paesaggio siciliano prosegue con la Scala dei Turchi con il quale Cuttaia racconta un altro luogo iconico: la scogliera bianca tra Realmonte e Porto Empedocle, nell’agrigentino. Un luogo fatto di marna e argilla, avvolta da storie e leggende. Il piatto diventa una visione marina. Una sfoglia trasparente di calamaro ripiena di crema di ricci di mare, nascosta sotto una spuma all’“acqua di mare”. Alla vista, richiama una medusa eterea, ma al palato restituisce il gusto rassicurante del mare vicino alla terraferma.
Con questi piatti, Pino Cuttaia prosegue il suo racconto gastronomico della Sicilia: una terra che sa trasformare la fragilità in forza, la memoria in futuro, e il dolore in bellezza.
Immagini fornite e autorizzate da Ufficio Stampa Adele Bandera – Erika Del Largo