“Sul palco sono tale e quale a me”, intervista a Gabriele Cirilli

1 Dicembre 2017

L’opportunità, la determinazione e il privilegio di aver imparato il mestiere da alcuni dei più grandi artisti del teatro e del cinema. Dal tormentone “Chi è Tatiana ?!” di Zelig al continuo successo di Tale e Quale Show. A cinquant’anni, di cui quasi trenta trascorsi nello spettacolo, Gabriele Cirilli è uno dei maggiori comici italiani.

Gabriele, in #TaleEQualeAMe… Again, con cui è in tour, c’è un hashtag: un segno dei tempi?
Sai cosa mi ha detto, un giorno, mio figlio adolescente? “Papà, se non hai un hashtag non sei nessuno!”. Quindi sì, parlerei di un adeguamento alla realtà di oggi, dove non basta più sfogliare un album di fotografie e ricordi ma devi renderlo accessibile agli altri: un hashtag nasce dall’esigenza di farsi conoscere, di entrare in contatto con le persone. Lì conservi i tuoi ricordi, le tue emozioni. Così io apro il mio hashtag al pubblico proprio sul palcoscenico, l’unico luogo dove l’attore riesce a essere tale e quale a se stesso. E da lì vengono fuori video, monologhi, show: pian piano sono arrivato alla quarta stagione.

Da un Tale e Quale all’altro: arriviamo a Carlo Conti.
Ho iniziato come concorrente del primo Tale e Quale Show, nato nel 2012 riprendendo un format spagnolo, e dalla terza edizione Carlo mi ha chiesto di rimanere come ospite d’onore fuori gara. È andata molto bene e da allora, tra una “missione impossibile” e l’altra, non ne sono più uscito.

Qual è il segreto di questo successo?
È stato fondamentale afferrare il senso dello show, che non è creare l’imitazione perfetta di un personaggio, ma valorizzarne una piccola caratteristica distintiva, un tic, o un trucco ben realizzato. Sono riuscito a esaltare questi particolari sul palco e il pubblico ha gradito, come noyo anche in teatro quando a fine spettacolo propongo un medley delle mie imitazioni. Pur non essendo un imitatore di professione, ci tengo a dire.

La missione più impossibile di tutte?
Le più difficili sono state quelle in cui non potevo scherzare sul personaggio, come Pavarotti e Claudio Villa. Ma sono anche quelle che mi hanno dato le maggiori soddisfazioni. Ricordo con piacere anche le imitazioni di Johnny Dorelli, con lui presente che si è congratulato, e di Orietta Berti, che incontrandomi in ascensore mi ha detto: “Ma sono io o sei te?

gabriele cirilli

Photo: Fabio Lovino

Ha lavorato in cinema, teatro, televisione, serie tv e ha scritto libri. C’è altro?
Sono orgoglioso di essermi cimentato in tutte queste forme di spettacolo… e di averle fatte tutte male! Scherzi a parte, quel che mi piacerebbe è lavorare in ciascuna di esse con maggiore approfondimento, all’americana, visto che non posso certo definirmi né un grande attore né un autore di bestseller.

Sarà ad Acquapendente il 17 dicembre. Conosce già il Viterbese?
Sì, mi sono esibito due volte a Viterbo, nel Cinema Azzurro, che oggi è chiuso. Una grande sala piena di gente: erano gli inizi degli anni 2000, fu un’esperienza bellissima perché da altre parti non ho ritrovato il calore e l’atmosfera che c’era a Viterbo. Ma sono sicuro che anche al Teatro Boni ritroverò un grande entusiasmo.

Lei ha iniziato con Gigi Proietti, uno che della Tuscia ne sa qualcosa.
Per me fu un’esperienza tanto incredibile quanto decisiva: io giovanissimo a contatto con un mito. Lui stesso nel 1988 aveva 48 anni ed era più giovane della mia età attuale, ma non mi sembrava vero trovarmelo di fronte. Nel 1976, da un bambino, lo avevo visto recitare a Sulmona in A me gli occhi.

E nel ’98 ha recitato con Paolo Villaggio, in Un bugiardo in paradiso. Che ricordo ha di lui?
Un grande professionista, una persona colta, altamente seria e preparata. Sempre pronta a darmi consigli su aspetti a cui non avrei mai pensato: qui non sforzarti troppo perché tanto siamo piccoli nell’inquadratura, qui invece sì perché la telecamera ci riprende da vicino, e così via. Paolo Villaggio ha dato tantissimo al cinema e allo spettacolo: con Fantozzi ha creato una maschera vera.

Da artista, cosa pensi dell’Italia di oggi?
Sono molto preoccupato, lo dico con sincerità. C’è tanta approssimazione, in qualsiasi campo. Non si analizzano le cose in profondità, la competenza sembra non contare più nulla. È proprio vero che i social hanno permesso a chiunque di poter dire la propria, ma senza approfondire. Non è scritto da nessuna parte che tutti debbano dire per forza qualcosa. Ci sono situazioni che è giusto condannare, ma quel che ripudio è la faciloneria: se devo denunciare qualcosa vado dai carabinieri, non da Barbara D’Urso, i salotti televisivi sono inguardabili, sono pieni di urla e di accuse. E mi ritrovo con mio figlio di 17 anni che vuole andare all’estero, una cosa che da italiano mi rattrista un po’: perché chi merita non può avere successo nel suo paese?

Progetti in corso e futuri?
Fino a maggio sarò in tournée nei teatri con #TaleEQualeAMe… Again, prodotto dalla Magamat srl di cui mia moglie Maria De Luca è amministratrice delegata: quindi tutto fatto in casa! Concluderemo alla Sala Umberto di Roma. Inoltre sto lavorando a un film con Pierluigi Di Lallo, abruzzese come me.

Francesco Mecucci

Photo: Fabio Lovino