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Macchina di Santa Rosa a Viterbo: un giorno da ricordare

4 Settembre 2025

Ogni piccola città ama, almeno una volta all’anno, sentirsi al centro del mondo. A Viterbo, questo accade puntualmente il 3 settembre per il trasporto della Macchina di Santa Rosa. Un evento che unisce fede, spettacolo e identità popolare come pochi altri in Italia.

Per il capoluogo della Tuscia, la Macchina non è solo una spettacolare tradizione: è un simbolo. Dal 2013, inoltre, la festa è riconosciuta come patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO, insieme ad altre celebrazioni accomunate dalle spettacolari “macchine a spalla” – i Gigli di Nola, i Candelieri di Sassari e la Varia di Palmi – riunite nella rete GRAMAS.

Come il Palio di Siena rappresenta la più famosa delle rievocazioni medievali italiane, la Macchina di Santa Rosa si pone invece come la più imponente tra le processioni patronali, di cui tutta Italia è disseminata.

L’allarme del 2025: Viterbo al centro del mondo

La storia che si diceva all’inizio, quella della piccola città che per una notte si sente al centro del mondo, nel 2025 è diventata realtà in un modo inaspettato e quasi cinematografico. E Viterbo ha catalizzato l’attenzione dei media nazionali e internazionali.

Poche ore prima dell’inizio del trasporto, fissato come sempre per le ore 21 del 3 settembre, con decine di migliaia di persone già riversatesi nelle vie del centro storico, è scattato un allarme antiterrorismo. Le forze dell’ordine hanno arrestato in un bed&breakfast due cittadini turchi armati, sospettati di appartenere a una cellula legata alla mafia turca smantellata a Viterbo alcuni mesi prima.

Per alcune ore la tensione è stata altissima. Si è temuto che la festa più amata della città potesse trasformarsi in tragedia. In seguito, gli accertamenti hanno escluso un piano di attentato collegato all’evento, ma la prudenza ha imposto misure straordinarie di sicurezza. Tutto è stato gestito con il massimo dell’ordine e della compostezza.

Così, in via eccezionale, la prima metà del trasporto si è svolta con l’illuminazione pubblica accesa, in deroga alla tradizione che vuole l’intero percorso immerso nel buio, per lasciar risaltare lo splendore della Macchina di Santa Rosa illuminata. Un sacrificio necessario, al fine di consentire il regolare trasporto, che ha rischiato di essere annullato.

La Macchina: una torre che sfida il cielo

Chi non l’ha mai vista dal vivo, la Macchina di Santa Rosa, fatica a immaginarla. Una torre luminosa di trenta metri che pesa circa cinque tonnellate, costruita in materiali quali vetroresina, metallo e polistiroli, e portata a spalla da un centinaio di uomini, i Facchini di Santa Rosa.

La sera del 3 settembre la Macchina viene sollevata e condotta per oltre un chilometro nel cuore della città, con sei soste in punti prestabiliti. È uno spettacolo che in televisione, nonostante sia trasmessa da alcune emittenti, perde gran parte del suo fascino: solo chi si trova lì, sotto quella luce e tra le emozioni del pubblico, può davvero comprenderne la forza.

Questa straordinaria tradizione viterbese non è una gara o una competizione. Non ci sono vincitori, se non l’intera città. Forse è per questo che, pur essendo uno spettacolo grandioso, le principali reti televisive l’hanno spesso ignorato.

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Santa Rosa: le origini della tradizione

La festa nasce per ricordare la traslazione del corpo di Santa Rosa, ritrovato incorrotto sette anni dopo la sua morte e trasferito nel santuario a lei dedicato il 4 settembre 1258, per volere di Papa Alessandro IV.

Da allora, ogni anno, la città rinnova quel corteo sacro portando in processione una struttura con l’immagine della santa che, col passare dei secoli, è diventata sempre più imponente. Il 4 settembre, che oggi è il giorno successivo al trasporto, è festivo nel territorio comunale di Viterbo.

Santa Rosa, vissuta nel XIII secolo all’epoca delle lotte tra papato e impero, non è una figura molto conosciuta. Tuttavia, il suo culto ha raggiunto anche l’America Latina: due città, una in Brasile e una in Colombia, portano il suo nome, mentre a Santiago de Querétaro, in Messico, le è dedicato un santuario anch’esso patrimonio UNESCO. Negli Stati Uniti, nel Wisconsin, esiste la Viterbo University, che onora la santa con una statua nel campus.

3 settembre: il giorno di Viterbo

Quando arriva il grande giorno, Viterbo cambia volto. Il centro cittadino si anima di sbandieratori, bande musicali e folla crescente, in attesa della Macchina. Nel pomeriggio, i Facchini di Santa Rosa visitano sette chiese per raccogliersi in preghiera, poi si ritirano per qualche ora nel bosco di un convento in periferia.

Al tramonto, dopo le 20, i Facchini, preceduti dalla banda ufficiale, si avviano verso il punto di partenza. Il momento della “mossa” è cruciale, poiché qui inizia l’impresa vera e propria. Dopo la benedizione del vescovo, i Facchini si posizionano sotto la Macchina e, seguendo le indicazioni del capofacchino, si preparano a trasportare la torre lungo il percorso.

I ruoli sono distribuiti con precisione, con compiti specifici in base alla posizione. All’interno della base ci sono i “ciuffi”, che indossano un particolare copricapo protettivo in cuoio, e i “spallette” e “stanghette”, che occupano le file esterne.

Dopo due ore di sforzo fisico e mentale, arriva il momento più arduo: Via Santa Rosa, l’ultima salita che porta al Santuario di Santa Rosa. I Facchini, aiutati da corde anteriori e leve posteriori, procedono a passo di corsa per superare la notevole pendenza. Una volta posata la Macchina sui cavalletti di sostegno, l’emozione esplode tra i Facchini e la folla. La Macchina rimane esposta per alcuni giorni, mentre i fedeli si recano in massa a rendere omaggio all’urna che conserva il Sacro Corpo di Santa Rosa.

Francesco Mecucci

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