“Mother Fortress” miglior documentario al festival di Spello

25 Agosto 2020

Mother Fortress, lungomentraggio di Maria Luisa Forenza, ha conquistato il premio come Miglior Documentario 2020 al nono Festival del Cinema Città di Spello ed i Borghi Umbri – Le Professioni del Cinema.

Un’opera vissuta in prima linea, raccontando in un monastero siriano la pericolosità quotidiana delle vite dei religiosi, e seguendo convogli umanitari di pronto soccorso che dall’antico villaggio cristiano di Qarah si sono spinti attraverso terreni minati dagli opposti fronti della guerra terroristica: Homs, Aleppo, sino a raggiungere Raqqa, Deir Ezzor e il fronte del fiume Eufrate.

La motivazione con cui la giuria ha decretato il riconoscimento è stata la seguente: “Per aver saputo raccontare il coraggio di una fede che è riposta più nell’uomo che nel divino, per aver puntato un faro su una zona d’ombra del mondo e della nostra storia, per aver delineato i contorni del coraggio di una donna che combatte una guerra silenziosa con l’arma della bontà.”

La regista, ospite martedì 25 agosto nel tg diurno di Rai News 24 per narrare la sua esperienza umana e artistica, ha realizzato in più riprese, dal 2014 al 2017, un film-documentario oggettivo e anti-retorico, definito recentemente da Alfredo Baldi “miracolo di sapienza narrativa, raggiunta attraverso la semplicità, la sincerità e la sottrazione“.

Mother Fortress, menzione speciale del Tertio Millennio Film Fest (Città del Vaticano), in Italia è stato precedentemente ospitato in rassegne significative quali il Meeting di Rimini, Milano Movie Week e Festival Human Rights Nights di Bologna. Attualmente fa parte del ciclo Racconti italiani distribuiti dalla FICE.

Mother Fortress di Maria Luisa Forenza

Madre Agnes, assieme a monaci, monache provenienti da Francia, Belgio, Portogallo, Libano, Cile, Venezuela e USA (Colorado), di cui alcuni ex giornalisti, affronta gli effetti della guerra in Siria sul suo monastero, situato ai piedi delle montagne al confine con il Libano dove ISIS insidiosamente si nasconde.

Nonostante sia esso stesso obiettivo di attacchi, il monastero accoglie orfani, vedove, rifugiati (cristiani e sunniti), vittime di una guerra fratricida che dal 2011 ha prodotto caos e devastazione. Organizzando un convoglio di ambulanze e camion, che percorrono strade controllate da cecchini, Madre Agnes persegue la rocambolesca missione di fornire aiuti umanitari (cibo, vestiti, medicine) ai siriani rimasti intrappolati nel paese.

Esplorazione non della guerra, ma della condizione umana in tempo di guerra, il film è un viaggio fisico e spirituale, una “storia d’amore” con destinazione Roma dove il senso del racconto si rivela.

Foto in alto di Alessio Vissani fornita dall’ufficio stampa

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