La vacanza

1 Maggio 2018

Quando Marco vide sul display dello smartphone il numero di Elisabetta sentì odore di guai. Lasciò vibrare per dieci secondi poi con un sospiro rispose. Fu sorpreso, dall’altra parte non c’era la voce di Elisabetta, ma di un uomo. «Sono Franco… il compagno di Elisabetta, dai lo sai chi sono. Scusa se ci conosciamo in questo modo, ma ti dovrei parlare». L’odore di guai si trasformò in puzza di bruciato.

Marco a 40 anni – e cinque anni dopo la fine del matrimonio con Elisabetta – non aveva ancora imparato a controllare i suoi nervi. Passò la mano libera sui capelli, come faceva sempre quando era nervoso. Rispose: «Guarda, non mi sembra il caso che parliamo». «No, no, tranquillo, non voglio litigare. Ma ti devo parlare di Elisabetta, sta male. Vediamoci dove vuoi tu». «Ma che c’entro io con Elisabetta ormai?». «Se vogliamo dirla tutta è ancora sposata con te. Ma ti ripeto, è importante, davvero».

Il giorno dopo Marco era seduto in una caffetteria di fronte all’uomo per cui Elisabetta lo aveva lasciato, dall’oggi al domani, ma non era stata una scelta improvvisa. Marco non aveva intuito cosa stava succedendo. Finora aveva visto Franco solo nelle foto di Facebook e lo aveva odiato, come è normale. «Non capisco perché hai chiesto di vedermi. Io non ho più cercato Elisabetta, quando volete sono pronto a firmare per il divorzio». «Elisabetta sta male». Marco vide la stanza girare, la vista si annebbiò. Stava ancora male se Elisabetta stava male. «Cos’ha? È grave?». «È difficile da spiegare. Non è un male fisico, ma tu la conosci, è fragile, si lascia andare. È come se avesse perso la forza di vivere. Anche con il bambino, non è più lei». «I medici… sarete andati da un medico…». «Ripeto, è difficile da spiegare. Non sta così male, non è una forma di depressione se è questo che temi. È infelice».

Silenzio, poi Franco continuò: «Ti devo chiedere una cosa: portala in vacanza, fate un viaggio insieme». «Sei matto? Sei malato? Non sei geloso? Sono cinque anni che non ci parliamo, come pensi che possa aiutarla?». «Non sono geloso, perché anche se è infelice, Elisabetta è innamorata di me e non lo è mai stata di te. Però tra voi due c’è qualcosa di speciale, questo l’ho sempre saputo e accettato. C’è una complicità che con me non avrà mai. Forse siete simili, anche se siete differenti».

Dieci giorni dopo: Elisabetta e Marco passeggiano sul sentiero di un piccolo parco di Astoria, a New York, e scende una pioggia tenue, indecisa. Si alzano il cappuccio dei piumini. Marco era convinto che Elisabetta non avrebbe mai accettato quel viaggio, invece si era come lasciata portare dalla corrente, aveva accettato decisioni che altri stavano prendendo al posto suo. In aeroporto l’aveva rivista, studiata mentre salutava Franco e il figlio di tre anni. Poi si era avvicinata a lui, al banco del check-in e gli aveva detto: «Allora, come stai?». Marco era rimasto in silenzio e per quasi tutto il volo aveva utilizzato solo monosillabi. In hotel a Manhattan avevano stanze separate. Ora, in quel parco tra strane sculture e foglie rossastre come tappeto, si stanno parlando per la prima volta. Si sono scambiati uno sguardo e tutto è tornato come prima, la loro linea di comunicazione spontanea si è accesa. Anche se non c’è alcuna attrazione fisica, quanto meno da parte di Elisabetta. «Ma perché hai accettato questa proposta folle di Franco?» chiede lei. «Mi ha pagato il viaggio, secondo te rinunciavo a una occasione del genere? E poi lo sai che sto male, molto male, quando tu stai male. Non ci posso fare niente». «Non mi dovresti odiare?». «Una cosa non esclude l’altra» risponde Marco. Vede per la prima volta Elisabetta sorridere.

Non dicono altro, con la metro tornano in hotel. La sera mangiano sushi e salgono sul roof dell’hotel dove c’è una discoteca. Sono tutti più belli, ricchi e giovani di loro, ma un dipendente dell’hotel italiano li ha presi in simpatia, li lascia entrare. Ordinano un mojito, si fanno largo fino a uno spazio non occupato vicino alla vetrata da cui si vedono i soliti grattacieli illuminati di New York. Piove ancora. «Ma cosa hai fatto?» chiede finalmente Marco quando il mojito fa effetto. «Mi conosci, non sarò mai felice. Vedo ormai tutto deciso nella mia vita, senza sorprese. Non posso neanche più scappare, come ho fatto con te e comunque amo Franco. Ma che ne sarà di me? Un giorno dopo l’altro, le riunioni con le altre mamme dell’asilo, mio figlio diventerà grande e se ne andrà, Franco magari si farà un’amante o forse no, io diventerò una di quelle signore grasse che vanno in palestra e guardano i programmi di cucina. Tutto qui in fondo. Ma non ti preoccupare, quando torniamo cambio. Fingerò. Non voglio che Franco e mio figlio si preoccupino. Fingerò di stare bene». Marco la guarda e capisce di essere ancora innamorato di lei, lo sarà per sempre. «Vado a prendere altri due mojito?». «Vai, vai, male non ci fa» sorride lei.

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