“No happy ending”, un racconto di Mauro Evangelisti

6 Aprile 2020

Come in and meet your future ex-wife. La scritta luminosa, formata da tubi al led rosa, rischiarava il bar dove bighellonavano tre ragazze asiatiche, accarezzate a loro volta dalla luce diafana degli schermi dei loro smartphone.

Entra e conoscerai la tua futura ex moglie, prometteva, onesto, il “Poker face bar”. Giampiero sorrise per la scritta e sorrise anche per ricambiare il sorriso artefatto di una delle ragazze che, per un attimo, aveva tradito il display dello smartphone e lo aveva invitato a bere una birra. Happy hour, una birra nella valuta locale costava meno di due euro. «È sempre happy hour da queste parti» concluse Giampiero.  Aveva terminato i giga della SIM acquistata due settimane prima in aeroporto. Chiese alla ragazza se ci fosse il WiFi, lei indicò un cartello che suggeriva la password: “happyhour“.

Ordinò una birra, lasciò una ricca mancia ma rifiutò gentilmente la compagnia della ragazza. Si collegò al WiFi dal suo smartphone e iniziò una panoramica dei siti di informazione italiani. Nessuno parlava più di lui, i titoli erano tutti dedicati all’epidemia, al numero dei contagiati, alle partite rinviate. Poi, però, aprì uno dei siti della sua città ed ecco comparire la sua foto e il titolo: “A un mese dall’omicidio della povera Sara l’assassino è ancora latitante“.

L’articolo era un miscuglio di cose risapute e inventate, ma la parte migliore era a metà: secondo fonti anonime della questura la cattura era vicina; si stava cercando Giampiero in Spagna, dove aveva dei parenti. Rise. L’articolo aveva confuso Santiago de Compostela, in Spagna, con Santiago de Cuba, dove da anni si era trasferito il fratello del padre di Giampiero con cui però avevo perso ogni contatto. Forse era solo un trucco della polizia per farlo sentire sicuro mentre lo stavano rintracciando, ma era più probabile che non avessero idea di dove fosse finito.

Fuggire era stato semplicissimo, poco prima dell’esplosione dell’epidemia, prima che il mondo cambiasse. Dopo avere spinto Sarà giù dalla finestra, aveva preso il passaporto che Marco gli aveva venduto. Marco era un vecchio amico che abitava in un’altra città, travolto dai debiti. All’università erano sempre insieme Marco, Giampiero e Sara. Giampiero gli aveva offerto molti soldi in per il suo passaporto. I due si assomigliavano e nel suo percorso di fuga, Giampiero aveva scientificamente scelto aeroporti piccoli e con controlli blandi. Certo, se la polizia avesse indagato con puntiglio avrebbe trovato traccia dei contatti tra Giampiero e Marco: sarebbe stata sospetta la capacità dell’amico di ripagare i debiti e di mettersi in viaggio in giro per il mondo.

Ma Giampiero era stato fortunato e, mente terminava la birra, si sentì quasi in colpa. Non per avere ucciso Sara, su quello non c’era mai stato pentimento. Lei era la persona che più male gli aveva fatto nella vita, l’unica di cui fosse mai stato innamorato. Non erano stati i tradimenti a ferirlo, ma la sua determinazione nel portargli via più denaro possibile, la sua inutile cattiveria e spregiudicatezza nel denunciarlo per maltrattamenti e violenza sessuale senza che Giampiero avesse mai alzato un dito su di lei. Quando l’avvocato gli aveva spiegato che Sara aveva raccolto tutti i messaggi in cui la minacciava, aveva capito di essere caduto nella sua trappola. Lei lo provocava, lui perdeva la calma e scriveva messaggi violenti che erano solo parole non le reali intenzioni. E intanto Sara raccoglieva freddamente materiale contro di lui.

No, non si era pentito di averla spinta giù dal balcone, ma il fatto che fosse stato tutto così facile lo inquietava. E anche se appariva irrazionale che quel pensiero venisse da lui, trovava molto ingiusto che fosse così facile uccidere una donna e farla franca. Uscì dal bar e si guardò intorno. Vide una sala massaggi, ma al contrario di tante su quella strada, fuori ad attendere clienti c’erano solo massaggiatrici attempate, non attraenti.  Un cartello recitava: “Real massage, no happy ending“. Entrò, una signora lo accompagnò in una stanza con l’aria condizionata. Lo fece spogliare, rimase in mutande. Lei iniziò a toccarlo, prima i piedi, poi le gambe. Finalmente era rilassato.

Sentì delle urla, la porta della stanza si aprì, la massaggiatrice scappò. Apparve Marco, aveva un coltello. «Non dovevi uccidere Sara» sussurrò. Provò a colpirlo, ma Giampiero evitò la lama. Arrivarono due ciccioni della sicurezza che consegnarono Marco ai poliziotti. Dopo un interrogatorio di sei ore e un investimento di 500 euro allungati all’ufficiale per non avere grane e perché non trattassero male Marco, uscì dalla caserma della polizia. Si fermò a bere una birra in un bar lungo la strada, si sentì debole, si toccò la fronte, era calda. Tossì.

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