“La solitudine della sopravvissuta”, un racconto di Mauro Evangelisti

30 Ottobre 2019

Si udirono gli spari, lontani. Evelyn sbuffò. Parlò da sola, ormai era un’abitudine. «Pensano di fermarli con i fucili da caccia e le pistole da sfigati che tenevano in casa per paura dei ladri? Hanno annientato gli eserciti, sbriciolato i missili, i gas tossici sono stati inutili. E credono davvero che basta sparargli?».

Sputò sul pavimento del centro commerciale dove la zona degli alimentari era rimasta miracolosamente intatta. I suoni cambiarono, ora c’erano urla, lontane. «Li stanno schiacciando, divorando, è finita» si disse. Usò un carrello skateboard e raggiunse gli scaffali degli alcolici. Aprì una bottiglia di vodka e ne bevve un sorso. «Prima o poi mi troveranno. Farò la stessa fine, ma sono stata fortunata a trovare tutto questo cibo. Se mi va bene, ho guadagnato tre o quattro mesi di vita. Saranno mesi di merda, ma meglio che niente». Rise, andò all’area dell’abbigliamento e si cambiò. Prese una power bank dagli scaffali dell’elettronica, la usò per accendere lo smartphone e iniziò a guardare uno dei tre film che aveva in memoria, Harry ti presento Sally.

Prima che arrivassero loro, prima che il mondo fosse distrutto e cambiato per sempre, aveva l’abitudine di scaricare i film sullo smartphone, in versione originale. In treno li guardava senza i sottotitoli, per migliorare l’inglese. Ora erano il suo unico passatempo, ma stava impazzendo perché li conosceva a memoria. Nella scena di Sally in aereo con Harry sentì un rumore. «Sono loro» pensò, questa volta senza parlare a voce alta. «Mi hanno trovata. O è una delle bande dei sopravvissuti che vagano nella regione, se trovano una ragazza sola come me sono pronti a farle qualsiasi cosa. Sono quasi peggio di loro». Si nascose. Lo vide entrare: non aveva la forma mostruosa e terribile di uno di loro. E non era neanche uno della banda di sopravvissuti. Ero un ragazzino biondo e sottile, avrà avuto un anno in meno di lei, appariva titubante e disorientato. «Forse ha fame». Sapeva di essere imprudente, ma l’idea di avere trovato un compagno, un amico, chissà forse qualcuno che l’abbracciasse, la convinse a uscire dal nascondiglio. Desiderava che la lunga solitudine terminasse.

«Ciao, chi sei?» disse alzando le mani, non in segno di resa ma di pace. Lui la guardò, sorrise timido. «Sei sola?» le chiese. «Sì, vuoi mangiare?». Desiderò che si avvicinasse e le stringesse la mano, le sarebbe bastato questo. I suoi occhi le provocarono un’emozione intensa, perché erano dolci e perché era molto tempo che non vedeva qualcuno. Ma lui corse via. Evelyn non lo inseguì, si accasciò sul pavimento e pianse. Poi si addormentò. Di solito si nascondeva per dormire, ma la delusione le aveva tolto le forze. Si risvegliò quando sentì il caldo di una mano che le toccava il viso, ebbe un sussulto, era il ragazzino, era tornato. «Ve l’avevo detto, la vedete?» disse lui. Il sollievo si trasformò in terrore: alle spalle c’era una decina di uomini, sporchi e sghignazzanti, con dei coltelli. Era una delle bande dei sopravvissuti. Quello che doveva essere il capo disse: «Questa la scopiamo tutti, ma comincio io. Per un po’ ci divertiamo». Rise. Evelyn si alzò di scatto e fuggì, ma il ragazzino fu lesto, le fece lo sgambetto e cadde. Il capo rise ancora più forte: «Bravo, tu sarai il secondo». Evelyn lottò, ma erano dieci, avevano i coltelli, provò a divincolarsi, morse la mano del capo che cominciarono a picchiarla e a strapparle i vestiti. Con più veemenza lottava, con più forza la picchiavano, vide il suo sangue, pianse, si sentì trascinata a terra, in due la tenevano e osservò impotente il capo che la colpì con una sbarra di ferro. Avrebbe voluto tornare indietro, restare nascosta quando il ragazzino era entrato, ricominciare a guardare Harry ti presento Sally, a parlare da sola, in fondo non era così male, tutto era meglio di ciò che le stava succedendo. Il capo le salì sopra, gli altri ridevano.

Fu allora che sentì un suono sconosciuto, come un sibilo, il capo si fermò, tutti guardarono verso la porta del supermercato. Era l’essere mostruoso, era uno di loro. Si avvicinò, quelli della banda provarono a difendersi con i coltelli, lui li colpì, vide gli organi interni degli uomini sparsi sul pavimento. Schiacciò la testa del ragazzino, afferrò il capo che tentava di scappare, lo sollevò in aria e lo spezzò in due. Evelyn era ancora a terra, ricoperta dal suo sangue. Non aveva la forza di alzarsi e neppure di piangere, urlare o provare a difendersi. Lui si avvicinò e con qualcosa che assomigliava a un grande artiglio le toccò la testa, appena. Resto così per una decina di secondi, poi si voltò e se ne andò.

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