Local Noise – Intervista a Vincenzo Icastico

26 Settembre 2018

I suoi numerosi progetti, sia nei panni di musicista sia di arrangiatore, ne fanno uno dei più attivi del panorama viterbese. Conosciamo meglio Vincenzo Fucito, in arte Vincenzo Icastico, reduce dalla fantastica esperienza che lo ha visto condividere il palco con la Original Blues Brothers Band.

Raccontaci di come ti sei avvicinato alla musica.
Sono stato un bambino molto introverso e remissivo, il che ha complicato non poco i miei rapporti con l’esterno e con l’autorità. Già nella prima adolescenza sentivo il peso dell’inconciliabilità del bisogno umano di sentirsi apprezzati con l’incapacità di comunicare i propri bisogni, e con gli unici strumenti a disposizione di un ragazzo di 11-12 anni mi sono completamente chiuso in me stesso. È in quella bolla silenziosa che è cominciato tutto. Ho riempito quel vuoto di chitarre e dischi ascoltati di nascosto dai miei genitori. Il vuoto, l’equilibrio, il rapporto con gli altri e con la felicità sono diventati le fondamenta su cui ho costruito la mia musica e la mia relazione con il pubblico. È la mia mission.

Quali sono stati, con il passare del tempo, i musicisti che ti hanno influenzato maggiormente e che hanno segnato la tua formazione musicale?
Il primo disco in assoluto che ho ascoltato di nascosto è stato Americana degli Offspring. È stato traumatico. E bellissimo. Ricordo chiaramente quell’euforia, quella rottura netta con tutto ciò che avevo ascoltato fino a quel momento. Dopo di loro ci sono riusciti solo i SOAD e i Linkin Park. Tutti loro hanno influenzato fortemente la prima parte della mia carriera. Con la maturità e studiando in accademia ho scoperto poi Hendrix, Jobim, BB King: sono molto legato musicalmente a loro perché mi hanno permesso di vedere la musica in modo tridimensionale.

Stai partecipando e hai partecipato a una miriade di progetti, sia nei panni di musicista sia di arrangiatore. Quali sono stati e sono tuttora per te i più importanti?
Sono molto attivo nella scena musicale viterbese, da oltre quindici anni. Tranne una breve pausa di un anno e mezzo in cui ho girato l’Italia con l’ukulele. Nell’ultimo anno sono entrato far parte della Magic Harp Band e ho l’opportunità di suonare con alcuni tra i musicisti più forti che ci sono in circolazione. Molti in patria mi conoscono come chitarrista e arrangiatore di Simone Gamberi, ma credo sia normale visto che ne abbiamo fatte di tutti i colori insieme! In questo momento, però, sto dando tutto me stesso al mio progetto solista.

Nell’agosto 2018 hai avuto l’onore di aprire il concerto della Original Blues Brothers Band. Come hai accolto la notizia? Quali sono i ricordi che porterai con te di quella serata?
Stavo accompagnando alla chitarra una cantante in un locale romano, quando improvvisamente lei si sente poco bene e mi chiede di eseguire un pezzo da solo. Ho suonato Hurt. Solo quel pezzo, poi la cantante è tornata. Tra il pubblico c’era Maurizio Malabruzzi, regista di Agorà e direttore artistico del Blubar Festival. Qualche mese dopo mi contatta ricordandomi di quell’esibizione e mi dice che vuole me per aprire il concerto dei Blues Brothers. Dopo quella telefonata sono stato dieci minuti a fissare il vuoto. Ci vorrebbe un libro per essere esaustivo su quello che è successo e che significato abbiano avuto quei giorni, l’unico modo per descriverla in una frase credo sia “è stata l’esperienza artistica (ed umana) più alta ed importante della mia vita”.

Quali sono i progetti futuri di Vincenzo Icastico?
Sto lavorando al mio disco solista e con la band che mi ha seguito al Blulbar: Simone Buzi, Dario Martellini, Simone Di Leo, Magic Harp. Ci sono delle cose importanti che la mia seconda uscita ufficiale (la prima è stata l’EP Acoustic Covers Vol. I) ha l’onere di comunicare al mondo. Per questo sarà completata da uno spettacolo teatrale in collaborazione con Fabrizio Bastianini, in cui i brani di questo disco accompagneranno il percorso del protagonista verso la consapevolezza, l’equilibrio, l’accettazione di sé e la felicità!

Dino Manoni

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