Salgo sulla nuova auto e la voce del sistema di guida automatica mi saluta cordiale «ciao Bruno, dove vuoi andare oggi?». Io gli dico che vorrei andare in spiaggia. «Hai una preferenza o scelgo io sulla base della tua personalità e delle tue esperienze?». Fai tu, gli dico. Oggi non ho voglia di prendere delle decisioni.
«Durante il viaggio vuoi vedere un film? Vuoi che lo scelga sulla base del tuo umore?» mi chiede ancora la voce dell’automobile. Io replico che non voglio un film, ma di rilanciare sul display il mio smartphone. Mentre l’auto parte, rifletto e mi pare impossibile che solo sessant’anni fa fosse l’uomo a guidare l’automobile con tutti i rischi che questo comportava. Una cosa barbara, ma in fondo lo stesso stupore dovevano provarlo a quei tempi pensando a chi nei secoli precedenti si spostava con cavalli e carrozze. Chiedo alla voce dello smartphone, che elabora le risposte utilizzando la stessa banca dati sulla mia personalità e le mie esperienze di quella dell’auto, di farmi la sintesi delle ultime notizie. Il presidente ha inaugurato una nuova banca dati più potente, il sistema di controllo della mobilità automatizzata ha velocizzato i tempi di percorrenza del 2 per cento, per il centoventisettesimo giorno consecutivo non sono stati segnalati crimini nell’arco di cento chilometri dalla posizione in cui mi trovo. Una curiosità, aggiunge la voce, oggi è esattamente il cinquantesimo anniversario dall’ultima guerra avvenuta sul pianeta.
Da quando il governo unico basato sul sistema di automatizzazione e controllo delle nostre vite si è diffuso in tutto il mondo, portandoci nell’era della fine dei conflitti, le tensioni e gli atti criminali sono divenute rare eccezioni. C’è dibattito, aggiunge la voce, sulla possibilità di ridurre a dieci ore settimanali la quota che ogni cittadino deve dedicare al lavoro e alla produzione: secondo i calcoli del sistema potrebbero essere sufficienti, ma si attendono ulteriori verifiche. Dal finestrino vedo la striscia di asfalto regolare, colorata di verde, mentre la vegetazione si fa più gradevole e si sente l’odore del mare, ovviamente artificiale, prodotto dal sistema dell’automobile per prepararmi all’arrivo in spiaggia. Chiedo alla voce dello smartphone: «Ricordami, da quanto tempo non faccio sesso?». «Ventisei giorni. Vuoi che cerchi se in questa zona c’è una persona di sesso femminile che combaci con la tua personalità e che abbia la stessa necessità di avere un rapporto?». Perché no, rispondo. Un giorno chiederò a uno dei tanti sistemi automatici che aiutano le nostre vite di trovarmi una donna che possa diventare mia moglie, ma penso di potere ancora aspettare e concedermi del sesso occasionale.
Mentre l’auto per rilassarmi trasmette in sottofondo una melodia che ripropone, rielaborate, vecchie canzoni dei primi anni del Duemila, io stendo il sedile e mi riposo, aspettando che il sistema trovi una donna alla ricerca di un incontro di tipo sessuale, nella zona della spiaggia e con le caratteristiche che possano essere in sintonia con le mie. «C’è una ragazza di 28 anni che si trova già sulla spiaggia. Il livello di compatibilità, relativamente a un incontro occasionale, e al 97 per cento». Trasmettimi il suo ologramma. La vedo e come immaginavo ha le caratteristiche fisiche che preferisco e favoriscono una soddisfacente attività sessuale: è bionda, ha i capelli molto corti come va di moda, bassa ma curve molto evidenti. «Chiedi incontro». «Risposta positiva – mi informa la voce dopo cinque minuti – se per te va bene, l’appuntamento è tra mezz’ora sulla spiaggia laterale».
Confermo, replico. Penso a quanto fosse tutto più complicato cento anni fa, quanto tutto venisse lasciato al caso e alle incomprensioni. Questi incontri spesso si trasformavano in delusioni e frustrazioni, quando non in violenza. Intanto, l’auto parcheggia, posto 1.216, ma non è necessario ricordarlo perché sarà lei stessa a ritrovarmi quando mi sarò stancato della spiaggia. A piedi lo smartphone mi guida fino alla ragazza, dal vivo è perfino più graziosa che sull’ologramma. Ci stringiamo la mano. Le voci dei rispettivi smartphone ci suggeriscono, per migliorare l’efficacia del rapporto tenendo conto dei nostri profili, di tenerci la mano per due minuti e trenta secondi, baciarci, e poi passare al rapporto sessuale. Lei sorride, dice che va bene, alziamo grazie ai trasmettitori degli smartphone il muro virtuale che isola la nostra zona e non consente agli altri di vederci. Facciamo l’amore per due volte, dopo quarantacinque minuti lei se ne va e mi ringrazia. Guardando il sole che tramonta, sulla spiaggia ormai vuota, mi rendo conto che ho dimenticato il suo nome. Sbadiglio, sono annoiato.