Local Noise – Intervista ad AimaD

1 Agosto 2018

Classe 2000 e molto da dire… Come nascono la tua passione per la musica e il desiderio di farne la tua strada?
La musica è una passione che ho dentro da sempre. Sembra buffo, ma ho cominciato a scrivere perché la prof di matematica alle medie mi chiese di rappare il teorema di Pitagora agli alunni di una classe più piccola, nella speranza di farglielo capire. Il desiderio di farne la mia strada è nato dal momento in cui mi sono accorto che, quando ho a che fare con la musica, provo qualcosa che non ho mai provato in nessun’altra disciplina.

Ma in parole povere: cos’è la trap?
Domanda un po’ generica, ma diciamo che da quando è esploso questo genere, ognuno ne ha fatto un uso proprio, alleggerendo i brani attraverso una musicalità più solare e movimentata, dando alla gente oltre ad un messaggio (non sempre sensato) anche un senso di divertimento durante l’ascolto. Inoltre il ruolo dei beat-maker è diventato fondamentale e la difficoltà di produzione particolarmente salita dal momento in cui i beat sono diventati molto più complessi.

Esce ora Ilary, il tuo terzo singolo, un brano ispirato al tema più classico: i rapporti sentimentali. Gli argomenti dei tuoi pezzi parlano del tuo quotidiano?
Sicuramente i miei pezzi sono frutto del mio passato, delle esperienze vissute, dei problemi e degli ostacoli affrontati e che sto affrontando. È tutta farina del mio sacco: non mi piace e non mi sembra coerente fingere nei testi di essere un altro tipo di persona o di scrivere fatti non veri.

E musicalmente come nascono i brani?
I brani nascono nella Groove Records, uno studio di Terni, la mia città. Il mio produttore e ormai compagno di vita è Giovanni De Rosa. Non ho un metodo fisso su come far nascere un brano, a volte in studio lui inizia a suonare qualcosa e io ci canticchio sopra, proviamo un po’ di linee melodiche e poi, quando troviamo quella che ci piace, lui inizia a creare il beat e io comincio a scrivere; in altri casi lui si inventa un beat oppure io mi invento un struttura da sviluppare. Variamo molto, insomma. Purtroppo al momento non so suonare nessuno strumento, ma ho un grosso debole per il pianoforte, è uno lavoro lungo e impegnativo ma molto probabilmente comincerò ad allenarmi e credo che affiancherò questo studio anche a quello della chitarra.

Hai anche un disco di prossima uscita, La follia dell’esistere. Ce ne parli?
Il disco uscirà in autunno 2018, ci sarebbe tanto da dire ma il significato si capirà solo al momento dell’ascolto. Parla di quello che vivo ogni giorno, di quello che sento e che provo, di ciò che gira intorno a me e ovviamente anche di amore.

In versione live ti stai muovendo dal nord al sud dell’Italia. Cosa ritieni importante in un’esibizione dal vivo?
A parer mio la cosa più importante di un esibizione è l’interpretazione del pezzo. Registrare in studio è un conto, quando sei su un palco è diverso, devi essere in grado di adattarti alla situazione.

Un sogno nel cassetto?
Rendere la mia musica un lavoro effettivo, per un futuro migliore.

Progetti per il futuro?
Per il momento voglio portare a buon fine il percorso che ho intrapreso, poi si vedrà.

Eleonora Anzini

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