miptera

Miptera

29 Novembre 2017

Miptera: una band nata e cresciuta tra l’Umbria e Londra. Come inizia la vostra storia?

Inizia a Londra nel 2014. In quel periodo io, Paul, lavoravo come barman e facevo piano bar in un club. Ero partito per il Regno Unito dopo aver studiato musica, recitazione e canto a Roma. Volevo arricchire il mio bagaglio di esperienze, cercare la mia strada e trovare l’ispirazione giusta per scrivere i miei pezzi. In questo contesto conobbi Massimiliano, che stava portando avanti un progetto con un suo amico a Londra e viveva in Umbria, come m​e. Abbiamo parlato un paio di volte, buttando giù delle idee che abbiamo concretizzato poi due anni dopo, nel 2016, in Italia. Nel frattempo sfruttai i due anni lontano da casa per comporre i primi pezzi. Appena tornato chiamai di nuovo Massimiliano e registrammo delle demo, ma ci mancava ancora una “band” effettiva:​ abbiamo completato il progetto con Alessandro, un mio vecchio amico di infanzia che suonava con band locali.

Chi o cosa vi ha influenzato maggiormente nel modo di concepire la musica?
A livello stilistico ci ispiriamo agli artisti che sono stati innovatori del proprio genere, come Chopin, che riuscì ad andare “fuori” dall’impostazione classica del suo stile senza tuttavia stravolgerlo; la musica classica ha una grande importanza, è la forma d’arte che, insieme al jazz, sta alla base dei generi musicali moderni. Parlando di musica moderna, ci influenzano band come ​Beatles, Radiohead e, in tempi più recenti, Coldplay, che sono riuscite a catturare la sensibilità e la cultura musicale del loro tempo. Insieme alla musica classica, altri due grandi pilastri del nostro stile sono il pop di stampo britannico e il post rock, genere da cui cerchiamo di riprendere i dinamismi e la ritmica.

Come nascono e cosa trattano i vostri pezzi?
Scrivere per me è un processo personale, non riesco a scrivere semplicemente quando voglio scrivere. Lo stimolo viene da una sensazione che deriva da eventi, incontri, persone e delusioni. Cerco di progettare il meno possibile, a volte ho una melodia in testa di cui comprendo il significato quando una situazione sentimentale mi fa soffrire, e quando succede il resto del pezzo si aggiunge da solo, il testo si compone in modo spontaneo. La nostra musica punta a fermarsi a riflettere sulle ferite che cerchiamo di nascondere dietro alla “maschera” che mostriamo alle persone.

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È in uscita il vostro primo ep My favourite spoon is a rabbit: ce ne parlate?
È il nostro primo lavoro ufficiale, in arrivo a dicembre 2017. Abbiamo in programma di rilasciare inizialmente le tracce singole (5 in totale) in rete sulle principali piattaforme (YouTube, Spotify, iTunes) e in seguito raccoglierle in un cd che produrremo per l’inizio del 2018. “Il mio cucchiaio preferito è un coniglio” è un titolo metaforico, un’affermazione che si può spiegare​ ​esaminando le due parole chiave: “coniglio” e “cucchiaio”. Il coniglio simboleggia la difficoltà con cui apriamo la nostra anima, ma soprattutto è simbolo di transizione e speranza. Il cucchiaio è legato ad una tematica che siamo stati costretti ad affrontare tramite persone a noi vicine, quella dell’eroina intesa come sostanza che maschera, rinchiude l’uomo in se stesso e lo isola dalle cose che ama, ma anche come personificazione della dipendenza, che non è possibile rimuovere completamente, ma al massimo “spostare” su altro; il titolo di questo ep è l’affermazione fatta dalla persona che riesce ad abbandonare la dipendenza verso la droga e proiettarsi sulla vita: “L’eroina è come una donna, che danzando ti acceca, e ti lascia per sempre da solo nel vuoto”. I pezzi saranno composti come a raccontare una storia, dove The target on my head è il momento in cui l’impatto con la vita ci rende impotenti e ci fa rendere conto che solo col tempo è possibile rialzarsi, If you don’t want to leave rappresenta invece il conflitto tra la parte di noi che resta e quella che fugge, The train runs è uno sguardo sul passato dove l’incontro e l’attaccamento alla bellezza ti fanno innamorare. Never be it è l’evidenziare e criticare il lato seducente della donna, in grado di condizionare la volontà dell’uomo, We won rappresenta l’apice del percorso, in cui avviene la presa di coscienza e diamo l’addio ad una parte di noi, vincendo le nostre paure.

Raggiungere un proprio stile e identità: quanto è importante per voi?
È una delle cose più importanti, cercare di trovare una formula, un’identità della band che viene espressa sotto diversi aspetti, da quello stilistico nella composizione dei brani a quello sonoro in fase di registrazione. Nei tempi che corrono c’è un crescente numero di generi e sottogeneri, quindi trovare una “combinazione” nuova e rappresentativa è uno step fondamentale e davvero difficile da compiere.

​Un sogno nel cassetto?​
Vivere della nostra musica.

Tre canzoni chiave​​?​
Più che canzoni parlerei di album​, ecco i tre più importanti per noi:​ Abbey Road dei Beatles, If you leave di Daughter, In rainbows dei Radiohead.

Progetti per il futuro?
Ci piacerebbe portare il nostro lavoro all’estero, magari con un tour o un disco, chissà.

Eleonora Anzini

 

MIPTERA
Paul Martom, voce, tastiere
Massimiliano De Curtis, batteria
Alessandro Tortoioli, basso

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