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Pietre d’inciampo, i sampietrini della Memoria

23 Gennaio 2024

Una persona è dimenticata solo quando è dimenticato il suo nome”, si legge nel Talmud, il testo sacro della religione ebraica. C’è questa idea alla base delle pietre d’inciampo, l’iniziativa che in tutta Europa ricorda le persone deportate nei campi di sterminio nazisti, indipendentemente da etnia, credo, orientamento politico e sessuale.

Un progetto per commemorare le vittime dell’Olocausto, per le quali ogni 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria. Riportando laddove possibile il nome di ciascuna nel punto in cui venne strappata a forza dalla propria casa, per non farvi mai più ritorno. Le pietre d’inciampo – stolpersteine in tedesco e stumbling stones in inglese – sono piccole targhe ricoperte da una piastra di ottone, grandi come un sampietrino, incorporate in via permanente nel selciato stradale delle città. Non in un punto a caso, ma esattamente all’ingresso dell’edificio in cui abitava ogni vittima dell’olocausto, o dove subì l’arresto.

Su ogni pietra figurano incisi il nome, l’anno di nascita della persona deportata, la data e il luogo dell’arresto e, se nota, la data di morte. Si restituisce così un’identità a coloro che il più spietato regime di tutti i tempi volle rendere solo numeri. “Inciampo” da intendere quindi non in senso fisico e letterale, ma visivo e mentale. L’obiettivo di queste targhe a terra è far fermare chi si imbatte in esse, anche casualmente, a riflettere su ciò che avvenne in quel luogo preciso.

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Foto: Boudewijn Huysmans / Unsplash.com.

Pietre d’inciampo, una memoria diffusa

Gunter Demnig, artista berlinese, ha lanciato il progetto nel 1992 a Colonia. Si volevano ricordare mille tra sinti e rom oggetto di deportazione nel maggio 1940, a cui venne dedicata una scultura. L’intento era contrastare ogni forma di negazionismo e oblio. Il tutto in seguito al tentativo, da parte di alcuni cittadini, di contestare la veridicità storica di quella deportazione.

Da allora, in quasi trent’anni, le pietre d’inciampo in Europa sono diventate oltre 70.000, sparse in più di 2000 città. La maggior parte in Germania, e in particolare ad Amburgo, Berlino, Colonia e Francoforte. E, a seguire, in Paesi Bassi, Austria, Italia, Repubblica Ceca, Belgio, Francia, Polonia, Spagna, Norvegia e molti altri. Si possono considerare una forma di arte urbana, attraverso cui incastonare in maniera indelebile e diffusa la memoria della Shoah nel tessuto urbanistico e sociale di ogni comunità.

In Italia le pietre d’inciampo sono presenti in quasi tutte le regioni, sia nelle città sia nei centri minori. La posa delle prime a Roma è avvenuta nel 2010. Purtroppo, in varie località, non sono mancati atti di vandalismo contro queste opere.

A sottolineare la straordinaria forza evocativa di questi che sembrano semplici sampietrini è la stessa espressione “pietra d’inciampo”. Essa proviene dalla Bibbia, precisamente dall’Epistola ai Romani di Paolo di Tarso (9, 33): “Ecco, io metto in Sion un sasso d’inciampo e una pietra di scandalo; ma chi crede in lui non sarà deluso“.

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Roma, Via Po 162 / Gaux via Wikipedia / licenza CC