guerra e social

Guerra e social media: informazione a più voci

6 Giugno 2022

È l’11 settembre 2001, un aereo e poi un altro si sono appena schiantati sulle Torri Gemelle. Tu, dall’altra parte del mondo, vieni a saperlo per caso in radio. O i tuoi cari ti hanno scritto un sms per avvertirti. Oppure lo apprendi dal tg, quando torni a casa tutto stanco dal lavoro.

È il 24 febbraio 2022 ed è appena iniziata l’offensiva militare russa nel territorio ucraino, dando così una brusca escalation alla crisi in corso dal 2014. Pensa a come hai saputo di questo secondo avvenimento. Quasi in tempo reale, con una notifica del cellulare, con un tweet, con una foto dei bombardamenti che qualcuno ha postato su Facebook.

Cosa è cambiato? La velocità di diffusione delle informazioni e la molteplicità di fonti da cui attingere. Attenzione: non voglio entrare nello specifico o cadere in pareri personali sulle dinamiche politiche, ma solo parlare della realtà informativa, delle sue sfaccettature e di come l’informazione viene divulgata e percepita.

Il ruolo dei social nella guerra tra Ucraina e Russia è stato ed è fondamentale oggi più che mai, al pari dei fatti dell’Afghanistan di qualche mese fa. Provando a evitare un’unica, o al massimo due narrazioni dettate ciascuna da una sola voce: Russia o mondo occidentale. Infatti, siamo bersagliati da video, foto, tweet di ogni genere, tali da rendere la narrazione multivoce e con
numerosi saliscendi tra breaking news e smentite. Creando – come sempre – un caos unico. Ma sempre meglio di una sola e unica voce. Fidatevi.

guerra e social ucraina

Guerra e social

Andando a vedere i diversi utilizzi da ambo le parti, CILD scrive: “Si noti la contrapposizione negli schieramenti nell’utilizzo delle piattaforme social: da un lato Putin che – nonostante abbia dominato la scena della disinformazione social negli ultimi 20 anni – ricorre a metodologie tradizionali di controllo della informazione. Dall’altro, il popolo ucraino in guerra che si avvale di smartphone per documentare la barbarie”.

I social media sono usati per offrire un racconto in tempo reale o quasi di ciò che accade sul campo. Guerra e social: un filo diretto ininterrotto, condizione mai vista prima. Ma, allo stesso tempo, i social media sono il mezzo attraverso il quale condividere propaganda, fake news, disinformazione. E nell’era dei social tutto questo viaggia a velocità più sostenuta.

I social hanno una posizione molto ambigua, ma nel bene o nel male un ruolo chiave. Come fonti di informazione superano i quotidiani, doppiano la radio e, tra i più giovani, tallonano la televisione. Restringendo il focus ai soli utenti attivi, per la maggioranza i social rappresentano un canale primario d’informazione sul conflitto e prevale l’auspicio che le piattaforme continuino a dare visibilità alla guerra. Ciò non solo tra i bulimici dell’informazione iscritti a Twitter (76%), ma a livelli significativi anche tra i giovanissimi immersi nei video di TikTok (55%).

Diverse piattaforme per contenuti diversi per audience diverse che comunicano realtà differenti. Sarai d’accordo con me che non esiste un’unica realtà dei fatti. Ce n’è una moltitudine. Come fai a capire a chi dar retta? La risposta non è semplice: leggendo e contestualizzando, informandosi su diverse fonti. Ci vuole tempo e si capirà che la realtà è molto più grande di un articolo di giornale.

Puoi seguire gli aggiornamenti live, ad esempio, su Il Post e La Repubblica. Ma non stare lì ogni minuto a controllare: trova un po’ di tempo ogni giorno per aggiornarti e basta. Siamo già pieni di notizie da ogni dove: non farti prendere dall’impellenza di sapere subito cosa è successo. Ci vogliono anche giorni prima di avere una notizia confermata e un quadro più esauriente.

Prima foto in alto: Engin Akyurt / Unsplash.com