Nella Galleria Borghese di Roma è in corso una retrospettiva dedicata all’artista inglese Damien Hirst, dal titolo Archaeology Now.
Le oltre 80 opere della serie Treasures from the Wreck of the Unbelievable affiancano le grandi collezioni presenti in galleria, come le statue di epoca romana, i dipinti del Rinascimento e del Seicento e le più importanti sculture di Bernini e Canova. Il progetto è stato reso possibile grazie al generoso supporto di Prada, sempre in costante ricerca, in vari ambiti, di linguaggi e progetti innovativi.
In realtà, Treasures from the Wreck of the Unbelievable fu in mostra quattro anni fa a Palazzo Grassi a Venezia. In tale occasione l’artista raccontava la storia dell’immaginario naufragio della nave Unbelievable, mostrando il prezioso carico che era stato ritrovato.
La multiformità di Damien Hirst
Realizzate in marmo, bronzo, corallo, cristallo di rocca e pietre dure, queste opere esaltano il desiderio di multiformità del fondatore della galleria, il cardinale Scipione Borghese. La sua fantasia era stata di superare le categorie, non sono tra le arti, ma anche tra realtà e finzione.
Ad accogliere i visitatori troviamo The Diver, una tuffatrice in bronzo alta quasi cinque metri che è in bilico, in punta di piedi, proiettata verso un altrove immaginifico e surreale. E che, con la sua postura, ricorda la Dafne del Bernini, poco più avanti. Proseguendo, ecco Paolina Borghese che dialoga con le Five Grecian Nudes,. Oppure il Ratto di Proserpina e le Golden Doors e le tre teste di Medusa tra i capolavori del Caravaggio.
Damien Hirst ama usare materiali preziosi come oro, bronzo, malachite verde, corallo e pietre dure che ben si fondono con quelli già presenti nei pavimenti, nei tavoli e in altri oggetti della villa. Tra le varie opere esposte, anche quadri della serie Colour Space del 2016. Sviluppo degli spot paintings e pieni di elementi umani, rappresentano vere e proprie cellule al microscopio. Rompono l’idea di un’immagine unificata poiché fluttuano nello spazio, scontrandosi e fondendosi l’una con l’altra e si contrappongono alla staticità della tela.
A conclusione di questo percorso sensoriale e surreale, non si può che citare Hirst stesso: “Dico sempre che il mio lavoro è sulla vita, ma non lo so, suppongo che si soffermi sul suo lato oscuro“.
Prima foto in alto: credits @massimo_osanna