Libro fatto Capo ha

29 Novembre 2017

E’ uscito per i tipi di Cultura e dintorni Editore, nella collana Fotografia e Scrittura, il libro di Massimiliano Capo, direttore artistico di Medioera, Mi manchi. Maldestro tentativo di fermare il tempo.

Si tratta di un originalissimo percorso narrativo e fotografico che, procedendo sul filo del ricordo, ricostruisce il proprio percorso di vita, dalla più tenera infanzia, all’adolescenza, alla maturità. In un’intervista a tutto tondo l’autore si racconta e racconta il suo scritto, presentato il 23 novembre 2017 a Roma.

massimiliano capo mi manchiCome e perché nasce il tuo libro?
Il libro nasce da due sollecitazioni direi casuali: la prima, la lettura di alcuni albi disegnati da uno straordinario fumettista giapponese che si chiama Inio Asano e che mi ha fatto venir voglia di prendere in mano matite e pennelli per provare a raccontare una storia che avevo in testa da un po’, ma che pigramente avevo, fino a quel momento, tenuto per me; la seconda, venuta girovagando sul blog della mia amica Giulia Manta a cui il libro è, tra gli altri, dedicato. La sua capacità di tenere insieme foto e testi mi ha convinto di lasciare matite e pennelli sul tavolo da disegno e di mettermi al computer a scrivere. Anche se prima o poi riprenderò l idea di disegnarla, questa storia. Alle due sollecitazioni va aggiunta la proposta di pubblicazione che Lorenza Fruci, amica di lunga data anche di Medioera, insieme a Luca Carbonara, anima della casa editrice Cultura e dintorni, mi hanno fatto credendo nel progetto che avevo in mente.

Il libro rende pubblico un aspetto strettamente privato della tua vita. Questo passaggio ti ha creato qualche problema?
No, in realtà no. Ho scelto consapevolmente di voler raccontare una storia, la mia, senza preoccuparmi di altro che non fosse seguire il filo dei ricordi. Rileggendolo ora che è stampato mi rendo conto di quale effetto può fare su chi si ritrova, suo malgrado, protagonista di un librino senza averlo scelto. Ma, ad oggi, nessuno se ne è lamentato e io sono felice di aver potuto lavorare al testo per come lo avevo immaginato, senza dover omettere o censurare nulla.

Nell’era dei social, non può sembrare anacronistico pubblicare vecchie foto di famiglia?
Per scrivere sono partito da un’esigenza molto personale che è riassunta benissimo da Al-Qalqashandi, che scrive: “Cos’è la parola? E’ un vento che passa. Chi può fermarla? la scrittura“. Avevo voglia di concedermi tempo. Tempo di pensare con lentezza, mettendo insieme vecchie foto che ho prima scelto, poi ri-fotografato e quindi digitalizzato e che sono andate a costruire la struttura attorno a cui è cresciuto il testo.

Come vivi la tua prima esperienza da scrittore?
Un’esperienza molto bella, soprattutto ora che il libro è in giro e prende strade inaspettate, mettendo in moto relazioni emotivamente molto forti. E’ un poderoso vettore di conoscenza, di se stessi e degli altri amplificato dalla Rete in cui siamo immersi.

Come definiresti il tuo stile?
Non saprei definirlo, non credo di saper rispondere nemmeno se mi mettessi a pensarci su. So bene cosa mi piace leggere e cosa mi è piaciuto leggere nella vita, quali libri mi hanno segnato, quei libri con cui ho un rapporto molto intenso e che torno a rileggere spesso. Hanno tutti a che fare con la memoria, il ricordo, il desiderio, che, alla fine, sono anche i miei temi.

Perché consiglieresti di acquistare il tuo libro?
Per poterne poi parlare insieme. E’ la cosa più bella di questa prima settimana e spero continui anche nelle prossime: parlarne insieme condividendo storie, ricordi, memorie.

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