Genio e sregolatezza – Gianfranco Zola

2 Gennaio 2015

Un battesimo, o una comunione, di un qualche figlio di un amico. Uno che giocava con lui da bambini, in qualche squadra giovanile, sui campi pelati dell’interno dell’isola, sognando Stamford Bridge senza neanche sapere bene cosa fosse.

Quel giorno, in chiesa, l’invitato illustre Gianfranco Zola a Londra c’era già stato, e se è per questo aveva anche vinto, e fatto innamorare pure quei cockney dei tifosi del Chelsea.

Scatola magica, lo chiamavano, scatola dei trucchi, pure se alla fine lui non giocava per stupire, ma applicava il solo calcio che conosceva: abbastanza imprevedibile, purché efficace. Eppure, durante la cerimonia, nessuno s’era accorto che tra i banchi della chiesa c’era anche lui, il mito. Discreto, accompagnato dalla moglie Franca, composto, la faccia spigolosa, serio in un giorno così importante per la famiglia di quel vecchio compagno di squadra. Se ne accorsero dopo, soltanto al ricevimento, che c’era anche Zola.

Una cinquantina di persone, ragazzi soprattutto, invase allora il giardino di quella casa di Budoni: un autografo, una foto, una pacca sulla spalla, una parola giusta. L’orgoglio sardo, lo stile del golfista, la semplicità del campione: nella swinging Londra come a casa. All that is Gianfranco Zola.

Andrea Arena

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